Lo scorso 14 e 15 ottobre si è tenuto a Bologna l’annuale incontro nazionale di ControVento, in presenza e on line, per discutere della situazione politica internazionale e di quella italiana, trarre un primo bilancio della vita del collettivo e delineare le sue prospettive. Nei due giorni di discussione (che nel complesso ha coinvolto una trentina di compagni/e) sono stati discusse due tracce, che oggi pubblichiamo: questa  sulla situazione nazionale e le prospettive dell’AMR ControVento, ed una sulla situazione ed i nostri rapporti internazionali [Un tempo di sangue e di acciaio. La difficile costruzione di un cammino].

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Disorganizzazione di classe, convergenze parallele e destra reazionaria al governo:
il complesso contesto italiano in cui cercare un cammino.

1. Un difficile contesto politico e sociale. Gli ultimi due anni hanno segnato in questo paese ulteriori frammentazioni nella classe lavoratrice e nuovi arretramenti della sinistra sociale, in cui si fa sempre più fatica a distinguere tempi e prospettive di un cambio di tendenza. Le coordinate di fondo di questa stagione sono state tracciate da alcune discussioni del nostro collettivo politico, a Bologna nel settembre 2022 e in riunioni on line nei mesi successivi, poi cristallizzate in alcuni testi: Oltre la siepe, una notte sempre più buia; Nella notte: disorganizzazione di classe, governo reazionario, resistenze disperse e noi; La siepe, il buio e l’autunno [primo numero di ControVento]; Passaggi, una stagione di segnali contrastanti nelle relazioni di classe in Italia; Passaggi di autunno: l’ennesima stagione di guerra, crisi, convergenze parallele e conflitti scomposti [ultimo numero di ControVento, in uscita]. Ne ricordiamo qui gli elementi principali.

  • Un capitale esploso. La struttura capitalistica italiana ha visto con la recessione 2009 e 2012 la venuta meno di assetti consolidati nel nucleo centrale del grande capitale [raccolto intorno al Salotto Buono di Mediobanca] una progressiva divaricazione delle strategie di accumulazione, centrate su diversi mercati e forme differenti di sfruttamento: grandi imprese inglobate in multinazionali (Fiat, FCA e Stellantis; Pirelli; ecc), grandi imprese che hanno provato a diventare partner di conglomerati continentali (Exilor, Atlantia), grandi imprese che hanno razionalizzato dimensioni e strategie (ENEL, ENI, Poste) ed altre che si sono rilanciate (Leonardo, Fincantieri), distretti che sono collassati e un quarto capitalismo che si è sviluppato (Ferrero, Brembo, Calzedonia, ecc). Su queste dinamiche hanno pesato anche i processi di concentrazione e ristrutturazione continentale, con le sue spinte centrifughe sulla periferia. In questo quadro i ceti medi si sono divisi tra sommersi e salvati, mentre il blocco dominante si è sfaldato tra frazioni settoriali e territoriali.
  • Una classe frammentata: questa dinamica strutturale ha moltiplicato le differenze di condizioni, i livelli di coscienza e le forme di conflitto nei rapporti di produzione. Una dinamica radicalizzata prima dalla pandemia, poi dalla ripresa e oggi dall’inflazione, con tempi, modalità e cicli di lotta che variano tra realtà economiche e aree del paese. La stessa dinamica salariale e contrattuale ha visto dal 2009/12 evaporare i propri assi nazionali di regolazione (tempistiche, punti di tenuta e di caduta diversi), ben oltre la moltiplicazione dei CCNL (in realtà, in larga parte, farlocchi). Questa dinamica vede sempre più prevalere il particolarismo degli interessi, l’autorappresentazione della propria condizione, identità di classe specifiche (di azienda, sito, professione, settore, specifica posizione o dinamica contrattuale). Una dinamica che rende sempre più difficile la strutturazione di vertenze generali e nazionali, mentre la stessa CGIL moltiplica le sue pratiche sindacali e il sindacalismo di base si divide non solo tra diverse strategie, ma anche tra diverse nicchie di classe.
  • Flebili segnali di controtendenza. In questo panorama complesso non sono mancati segnali di ripresa del conflitto sociale o di nuova organizzazione di classe. Al di là della specifica esperienza della logistica padana (intorno al SiCobas e alla particolare concentrazione dei magazzini nella pianura), l’esperienza del Collettivo di Fabbrica GKN (soprattutto sino alla scorsa primavera, con la sua capacità di esser momento di ricomposizione e convergenza nell’esperienza di #insorgiamo), ma anche la tenuta degli scioperi del coordinamento autorganizzato dei macchinisti Cargo, la vertenza contrattuale del Legno-arredo, gli scioperi TIM e Trenitalia, lo sviluppo di una prima sindacalizzazione in alcuni magazzini Amazon, la ripresa di scioperi prolungati a Pomigliano (per il caldo ed i ritmi serrati nello scorso maggio), l’emergere di processi di radicalizzazione politica nel quadro del nuovo movimento ambientalista (Ultima generazione e dintorni). Questi segnali, in ogni caso, rimangono sostanzialmente dispersi e sconnessi, mancando l’occasione di svilupparsi in movimenti di massa, come invece avvenuto in altri paesi anche a tardo capitalismo (l’esperienza del movimento francese contro le pensioni, molto esteso in mobilitazioni e cortei, anche se probabilmente con scioperi molto settoriali e complessivamente limitati; il grande sciopero in corso nell’automotive statunitense, guidato da una nuova direzione UAW radicale, in cui hanno un ruolo anche settori della sinistra rivoluzionaria, intorno alle parole d’ordine della fine della divisione salariale, della scala mobile e della riduzione di orario).
  • La destra e l’allusione a una diversa gestione capitalistica della crisi. In questo contesto di divisione delle classi dominanti e di arretramento della classe lavoratrice, si è progressivamente coagulato un blocco reazionario (intorno ai 10/12 milioni di voti, 40% dei consensi espressi), il cui processo di aggregazione è stato innescato dai 5 stelle e il cui consolidamento è avvenuto con il governo giallo-verde del 2018 [politiche anti-immigrazione e comunitarismo sociale tratteggiato dalle sue politiche]. Oggi il maggior beneficiario di questo consenso è Meloni e Fratelli di Italia, che hanno capitalizzato l’opposizione al governo Draghi e hanno alluso, anche in concorrenza con la Lega di Salvini, ad una diversa gestione capitalistica della crisi (segnata da protagonismo dello Stato, mercato interno, riarmo e militarizzazione sociale). Un modello politico che risuona con l’avanzata mondiale di una nuova destra reazionaria (da Modi a Trump, dal PIS a Orban, da Vox a Milei), simpatetica al nuovo quadro dell’imperialismo di attrito, ma che si scontra con un grande capitale industriale e finanziario ancora legato ai modelli e alle strategie di accumulazione sviluppate nella fase depressiva neoliberale. Per questo, la principale contraddizione di questo governo è tra le sue narrazioni e una politica economica, dettata dalle dinamiche europee, che dopo la pandemia sta rientrando nelle logiche dell’austerità, per mantenere e sviluppare margini di profittabilità nel quadro di una stagione segnata da Grande Crisi e competizione inter-imperialista.
  • Un’avanguardia isolata e divisa. Il quadro politico e sociale italiano è quindi segnato dalla permanenza di un settore ancora esteso di militanti e attivisti della sinistra politica e sociale. Probabilmente alcune decine di migliaia, dispersi su un ampio ventaglio di organizzazioni e realtà: settori CGIL di minoranza e maggioranza; CUB, USB e mondo Cobas (tra cui spicca il SiCobas), centri sociali (anche se negli ultimi anni ripiegati su sé stessi), realtà studentesche e attivismo ambientalista (da FFF a Ultima generazione), Potere al Popolo, PRC e PCI, ANPI, associazionismo e volontariato vario, liste e collettivi locali. Questo universo politico e sociale, segnato da diversi progetti politici, è attraversato da fratture identitarie e appartenenze contrapposte, mentre si è largamente ridotta, e in molti casi annullata, il suo radicamento (cioè, la capacità di organizzare e rappresentare settori sociali settoriali o territoriali). Di fatto, è un’avanguardia senza massa, senza alcun rapporto di massa e in alcuni casi anche senza alcuna propensione di massa. In questo universo si moltiplica la competizione, stimolata dall’assenza di un reale baricentro e dall’aspirazione di tutti a diventare il soggetto della ricomposizione. Il contesto perfetto, appunto, per far prolificare convergenze parallele. Un contesto nel quale sta maturando per le europee l’ennesima lista confusa, occasionale e centrata sul leader del momento [oggi Santoro].
  • Le responsabilità e le incapacità della CGIL. In questo contesto, l’unica organizzazione di massa rimasta a sinistra concentra al contempo le possibilità e l’inazione. Cioè, da una parte convergono sulla CGIL le pressioni a farsi interprete e carico di ogni iniziativa di massa nel paese (l’opposizione al governo, lo sviluppo del movimento contro la guerra, l’iniziativa a difesa dei salari, la difesa della sanità, il contrasto dell’autonomia differenziata), ma dall’altra alla CGIL si possono attribuire le responsabilità principali del sostanziale immobilismo sociale di questi mesi. Da una parte pesa l’assetto e il portato di un gruppo dirigente di matrice riformista, che interpreta nei momenti di crisi il ruolo responsabile della concertazione (dopoguerra e Piano del lavoro; Eur, 1992/93; 2009/2012); dall’altra impone la sua forza inerziale un’organizzazione sempre più disarticolata in servizi e categorie, che ha sviluppato molto pratiche sindacali individuali, quindi sempre meno capace di costruire reali percorsi di mobilitazione e conflitto. Così, la CGIL di Landini si è fatta promotrice di ipotesi di una collaborazione di classe di fase, di una codeterminazione strategia nella crisi (cogestione nelle aziende e con qualunque governo, compresi quelli di destra), ma è stata spiazzata dalla vittoria delle destre di Meloni e dallo sviluppo del nuovo profilo della CISL, sempre più legata ad un profilo politico e conservatore che ricorda quello delle origini. In questo spiazzamento, si è rifiutata di assumere lo scorso autunno il ruolo di catalizzatore dell’opposizione (9.10.22) e lo interpreta con difficoltà oggi (7.10.22), senza reale prospettiva di aprire un conflitto sociale.
  • Stare nelle bolle e guardare al fronte unico. In questo contesto difficile, come piccolo collettivo abbiamo provato a darci l’obbiettivo di stare nelle diverse iniziative scomposte, nelle diverse bolle espressione della classe o dell’avanguardia isolata (nella mobilitazione contro la guerra, nella CGIL, nel sindacalismo di base, nell’azione di alcune liste politiche municipali, su alcuni cortei e iniziative specifiche, come quelli di #insorgiamo), per cercare di proiettarci nello sviluppo di occasioni di opposizioni sociale, per non perdere almeno la propensione a rivolgersi ad una dimensione di massa. Nelle nostre riflessioni sul sito, nella rivista, nelle assemblee e iniziative, in controtendenza abbiamo cercato di sottolineare l’importanza di sviluppare una politica di fronte unico di massa e di classe. Cioè, abbiamo sempre a sottolineare l’importanza di rompere le convergenze parallele e anche di andar oltre le convergenze (le contaminazioni o le unità di azione fra realtà e soggettività parziali), cercando di pensare e di agire come parte di parte: cioè, come soggettività che si impegna per rimettere insieme un movimento e un’opposizione di massa in grado di unificare le diverse realtà, i diversi strati e i diversi settori della classe lavoratrice. Sostenendo quindi almeno l’unità delle occasioni di lotta, contro la tendenza alla contrapposizione tra date e iniziative di sciopero, o di mobilitazione, ogni dominante. Su questo versante è utile nei prossimi mesi approfondire l’iniziativa, sottolineando il senso della politica di fronte unico.
  • L’assenza di un polo disfattista e l’avanguardismo conflittuale. Proprio sul fronte del contrasto alla guerra, in un paese che ha conosciuto importanti mobilitazioni (i cortei nazionali del 5 marzo e del 22 novembre), in questo contesto di avanguardie isolate e incomprensione del fronte unico, emerge l’assenza di un polo disfattista e internazionalista contro la guerra. Le forze rivoluzionarie e classiste (comprese quelle centriste) su questo versante sono divise, anche per lo schieramento di diversi con la resistenza ucraina (dal PCL a larga parte della direzione di Sinistra Anticapitalista, a partire dalla sua tendenza di sinistra, di fatto travolta e politicamente evaporata con la guerra). Mentre molti soggetti, smarriti dall’assenza di punti di riferimento, preferiscono attendere gli eventi e non schierarsi. In questo quadro, diverse forze disfattiste (anarchiche, bordighiste, trotzkiste, antagoniste) hanno rivolto la propria azione ad una demarcazione con le dinamiche di massa del movimento per la pace, aumentando la percezione di isolamento e smarrimento nell’ampia avanguardia di attivisti. In questo quadro, in parziale controtendenza si è mossa solo Lotta Comunista, che assumendo la rottura storica della guerra Ucraina ha mostrato timidissime, ma concrete aperture al confronto politico e a possibili sviluppi di poli disfattisti (il primo e più importante segnale, l’organizzazione della Conferenza internazionalista di Milano, anche se per il momento la disponibilità rimane sostanzialmente su un terreno internazionale e di confronto).
  • L’assemblea del 11 giugno e il corteo di Ghedi del 21 ottobre. In questo contesto, l’assemblea del 11 giugno a Milano e il corteo di Ghedi sono sembrati almeno provare ad articolare un discorso pubblico ed un’azione di raggruppamento internazionalista e disfattista. Per questo abbiamo aderito ad entrambi gli appuntamenti, abbiamo partecipato alle diverse iniziative esplicitando la nostra posizione al contempo unitaria e diretta a sviluppare un chiaro profilo disfattista. Non ci nascondiamo le difficoltà. L’assemblea di Milano, l’improvviso lancio dell’appello per il 21 ottobre, l’assemblea on line del 24 settembre e quella in presenza di Brescia hanno evidenziato la scarsa capacità di aggregazione e le numerose fratture che attraversano questa dinamica. Limiti e tensioni che sembrano attraversare lo stesso SiCobas e il suo universo di riferimento (dal Centro sociale Vittoria al Fronte della Gioventù Comunista). Una dinamica che rischia di innescare processi asfittici più che occasioni di sviluppo di massa o di fronte unico. Nonostante questi limiti, nel panorama di divisioni e confusioni (vedi il corteo pisano del 21 ottobre), la manifestazione di Ghedi rimane un appuntamento utile e relativamente importante, su cui provare a concentrare le nostre scarsissime energie.

2. La difficile tenuta di ControVento. Quando abbiamo fondato il nostro collettivo, nel febbraio 2022, ci aspettavamo di dover affrontare una stagione complessa, ma in qualche modo segnata dalla ripresa dell’iniziativa di massa, dopo la lunga parentesi della pandemia. Certo, non vedevamo nella frammentazione di classe di questo paese prospettive rapide di sviluppo di grandi movimenti di massa (generali o settoriali, come in Francia o in USA), ma speravamo di cogliere il possibile vento di una ripresa molecolare dell’iniziativa, in cui proprio l’attenzione alle concrete dinamiche dei rapporti di produzione e del conflitto di classe, nel quadro di una progettualità rivoluzionaria e transitoria complessiva, avrebbero potuto permettere di confrontarsi e sviluppare la dimensione laboratoriale e progettuale con cui siamo nati. Di più, in quella dinamica attesa, contavamo di poter incrociare e svilupparci insieme ad altre realtà collettive, anche in virtù della nostra leggerezza relativamente ad appartenenze e della disponibilità a verificare iniziative e percorsi comuni. La guerra in Ucraina, l’inflazione, l’ulteriore frammentazione di classe hanno determinato un diverso destino. ControVento si è mosso in direzione ostinata e contraria, proprio contro il vento delle dinamiche politiche e sociali dominanti, anche nei ristretti ambienti della sinistra politica e sociale. In questo contesto complicato, abbiamo avuto dei piccoli, piccolissimi risultati.

  • Il sito e la rivista. Il nostro sito è vissuto in questi mesi, nonostante il nostro impegno collettivo disperso ha potuto alimentarlo solo occasionalmente, senza continuità ed organicità. Nonostante questo, il sito ha avuto diverse migliaia di visitatori nel corso dell’anno ed alcuni articoli hanno avuto ampie diffusioni (ad esempio Sotto il minimo salariale e sindacale, con 1.300 visualizzazioni). Nell’ultimo anno abbiamo inoltre pubblicato tre numeri della rivista (di fatto, uno ogni quattro mesi, l’ultimo questo ottobre), raggiugendo l’obbiettivo di realizzare un prodotto graficamente e politicamente curato, capace di tessere il filo conduttore della nostra iniziativa e rappresentare nel tempo il nostro percorso politico.
  • Piccoli nuclei, forze disperse, stasi. In questo periodo dobbiamo registrare la sostanziale staticità del nostro collettivo. Siamo stati capaci di esprimerci e confrontarci con altre realtà (ControCorrente, sinistra di SA, TIR, Occhiodiclasse, ecc), ma non abbiamo svolto quasi nessuna azione finalizzata al nostro sviluppo (proponendoci in forma organizzata e cercando adesioni e allargamenti del nostro collettivo). Dove ci abbiamo provato (a Cosenza, a Ragusa o per certi versi a Varese), abbiamo trovato interesse, rispetto e ascolto, ma anche scarsa disponibilità ad un diretto coinvolgimento. Anche se abbiamo confermato i nostri iscritti. La nostra struttura rimane divisa tra piccoli nuclei (Brianza, Bologna, Toscana tirrenica, Cosenza, Ragusa) e molte individualità, anche con radicamenti (Aosta, Genova, Milano, Torino). A soffrire è soprattutto la capacità di sviluppare prassi collettive, una politica quotidiana su cui rapportarsi e verificarsi.
  • Un primo assestamento: in questi mesi, abbiamo comunque fatto alcuni piccoli passi. La presenza nel comitato promotore della Conferenza di Milano ci ha dato una certa visibilità con realtà internazionali; la partecipazione all’assemblea del 11 giugno e la promozione del corteo di Ghedi ha agito sullo stesso piano, seppure su un versante molto specifico; inoltre, in questi mesi abbiamo costruito alcune gambe strumentali [un conto corrente, con un fondo cassa non disprezzabile, un direttore responsabile per la rivista, la prassi di verbalizzare le riunioni di Direttivo].

3. Stringere una prassi collettiva. Il quadro politico che abbiamo descritto, sia da un punto di vista internazionale (vedi Un tempo di sangue), sia a livello italiano (prima parte di questo documento), ci costringono a ricollocare le prospettive di ControVento in questo contesto. Già alla scorsa assemblea di settembre avevamo razionalizzato questo passaggio. Oggi dobbiamo concretizzarlo nelle nostre prassi. Serve assumere collettivamente che ControVento, pur essendo un laboratorio politico, un collettivo transitorio e plurale, è oggi una realtà che deve sopravvivere per un tempo indefinito. Dobbiamo, cioè, attrezzarci per preservare e sviluppare questa piccola scialuppa, sapendo di aver di fronte a noi un mare ancora aperto. Questo vuol dire fondamentalmente darsi alcuni obbiettivi, ma soprattutto alcune pratiche collettive.

  • Riunioni frequenti. Sarà difficile superare l’attuale struttura dispersa. Proprio questa realtà, però, impone la necessità di darci riunioni periodiche di confronto più frequenti, periodiche, in modo di tener vivo il filo tra noi e soprattutto il percorso del collettivo. Lo abbiamo già detto a fine aprile. Dobbiamo praticarlo da questo autunno.
  • Siamo un collettivo transitorio, ma con un perimetro programmatico esplicito. Intorno a questo collettivo dobbiamo sviluppare una capacità di comunicazione e organizzazione. Per questo sarà importante darsi delle minime funzioni di cura e coltivazione del collettivo, comunicazione con i compagni/e, tesseramento e raccolta di fondi.
  • Revisione del sito. Nel corso dell’estate, abbiamo predisposto una revisione del sito, in grado di valorizzare gli articoli e la sua configurazione come rivista on line, meno sito di organizzazione. Questa diversa organizzazione dovrebbe esser propedeutica allo sviluppo della produzione di articoli dal collettivo.
  • Il confronto con altri soggetti. In questi mesi abbiamo sviluppato il confronto con ControCorrente. Pur nel quadro di una diversa impostazione e di collocazioni diverse in campo sindacale o nella riflessione internazionale (ControCorrente ha sviluppato una critica per certi versa diversa dalla nostra), il percorso prosegue sia sul campo della riflessione che su quello dell’iniziativa (anche qui, pur con qualche differenza, come su 11 giugno e Ghedi). In questo quadro, abbiamo aperto occasioni di confronto anche con Occhiodiclasse: questa realtà innescare processi di collaborazione organica, in un’ottica di classica struttura militante. Sia noi che ControCorrente abbiamo chiarito che abbiamo ipotesi diverse, ipotizzando confronti specifici, a partire da guerra e questioni internazionali.
  • Tre fronti di iniziativa immediata. In questo quadro, nei prossimi mesi ci proponiamo tre attività del collettivo.
    Anche in ordine di tempo, la partecipazione al 21 ottobre, in primo luogo a Ghedi, possibilmente in forma organizzata con diversi compagni/e, e se si riesce anche a Pisa e in Sicilia, con un volantino comune.
    L’organizzazione di presentazioni della rivista: ora che abbiamo un direttore responsabile, abbiamo un ottimo terzo numero, tra le altre cose su fase politica, Ucraina, Palestina (prima di 7 ottobre) e Cina. Sarebbe interessare sperimentare sia una presentazione on line, sia qualche dibattito territoriale.
    Conferenza sulla Cina. Il primo dicembre (o forse più in là), a Milano, si sta provando a organizzare una conferenza su Imperialismo cinese e sviluppo ineguale e combinato, insieme a info, con l’obbiettivo di aprire un dibattito sulla questione nella sinistra ampia, con possibile futura pubblicazione di atti.

Infine, prima dell’apertura della campagna elettorale per le europee, la lista bolognese di Sinistra Unita sta ipotizzando una conferenza-incontro nazionale di riflessione sulla situazione politica del paese e la sinistra. Può esser un contesto in cui provare a intercettare percorsi e crisi presenti nell’ampio arcipelago di soggettività locali, potenzialmente deluse dalle dinamiche di UP e dalla futura lista Santoro. Un appuntamento, a cui partecipare come ControVento, non diretto a nessuna precipitazione politica, né alla costruzione di nessun particolare circuito, ma semplicemente per verificare possibili percorsi di maturazione ed eventuale radicalizzazione in circuiti o settori centristi, o di ampia avanguardia, travolti dalle dinamiche di questa stagione.

15 ottobre 2023

 

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