QUI IL TESTO DEL VOLANTINO IN PDF

La pandemia ha approfondito le tendenze affermatesi con la Grande Recessione: ha diviso capitale, ceti intermedi e classe lavoratrice. Il conflitto non è stato cancellato, ma è stato ulteriormente frammentato. Così è diventato più difficile sviluppare movimenti politici di massa, costruire fronti unici di massa e di classe. Il ritorno di grandi mobilitazioni (i pride, FFF, lo sciopero del sindacalismo di base a ottobre, la manifestazione a Roma contro l’assalto della CGIL, lo sciopero generale di dicembre di CGIL e UIL, le occupazioni e i cortei degli studenti) non ha infatti superato le divisioni della fase. Anzi, tutti questi appuntamenti ne sono stati attraversati, inaspriti dalla gestione neoliberale della pandemia.

Il Collettivo di fabbrica GKN è però riuscito a proiettare la sua vertenza a livello di massa. Questa capacità è basata sulla solidità di quell’esperienza sindacale, a partire dai delegati di raccordo, e dalla sua azione di progressiva generalizzazione e radicalizzazione della vertenza. Certo, questo processo non è lineare (difficile unificare le altre realtà in lotta, spesso arretrate sul proprio perimetro; gli #insorgiamotour sono guardati con diffidenza da tante soggettività; l’assemblea di novembre ha evidenziato l’incapacità della sinistra politica e sociale di rilanciare le rivendicazioni di nazionalizzazione e controllo operaio in un movimento generale).

Oggi la vicenda GKN vive un momento delicato (la definizione del nuovo piano industriale), in un inverno cupo per tutti/e (la ripresa dell’inflazione, l’occasionalità dello sciopero di dicembre, la guerra). Il Collettivo di fabbrica per rompere questa cappa ha costruito questa occasione di convergenza. Dopo la piazza del 12 marzo a sostegno dell’Ucraina, questo corteo si è fatto allora ancora più carico di delineare un campo generale, anche contro la guerra. Certo, sappiamo che una vertenza, in sé, non può essere il perno di un fronte unico di massa e di classe: una supplenza non può che esser temporanea, occasionale, in qualche modo parziale. Oggi però questo corteo non è solo quello che serve: è l’ossigeno che tiene insieme un possibile campo della classe lavoratrice.

La risposta è a tutti noi: in piazza il 26 marzo, ma anche dopo il 26 marzo.

COSTRUIAMO UN FRONTE DELLE SINISTRE E DEL LAVORO, per ricomporre la classe

PER LA REDISTRIBUZIONE DELL’ORARIO A PARITA’ DI SALARIO, NAZIONALIZZAZIONI E CONTROLLO OPERAIO, un salario minimo mensile e un salario di disoccupazione, l’automatica rivalutazione dei salari [scala mobile], il superamento di precariato e appalti

PER IL RILANCIO DEL SALARIO GLOBALE a partire da diritti e servizi universali: sanità, trasporti, scuola e università (non asserviti all’impresa, non funzionalizzati alla produttività totale dei fattori, come nel PNRR e nella Legge di Bilancio del governo Draghi)

CONTRO LA GUERRA, PER UN MOVIMENTO PER LA PACE: contro Putin, il suo capitalismo di rendita, il suo regime nazionalista, la sua politica di potenza; contro la NATO e la sua estensione; contro la UE blocco continentale imperialista; contro l’invio delle armi in Ucraina; con lavoratori/trici in Russia e Ucraina che lottano contro nazionalismi e guerra.

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