Di Eurolink fanno parte diversi colossi del settore delle costruzioni con un ruolo predominante di Webuild (ex Salini Impregilo), la più grande holding europea nel settore delle costruzioni, che nella sua storia è risultata invischiata in numerosi scandali e provvedimenti giudiziari, con tanto di condanne e sequestri collegati alla gestione e alla realizzazione di grandi opere di viabilità. Accusata dalle ONG per i diritti umani per le condizioni di lavoro nei cantieri e per le conseguenze prodotte sui territori e sulle popolazioni locali interessate dai progetti (Dighe Gibe III in Etiopia e Chixhoy in Guatemala), nonché rimasta coinvolta nello scandalo per la realizzazione delle strutture costruite per ospitare il Campionato mondiale di calcio in Qatar, risultando tra le imprese responsabili delle violazioni dei diritti dei lavoratori nei cantieri, in cui si stima la morte di oltre 10mila lavoratori.

Per queste ragioni diviene prioritario difendere il territorio, impedire gli espropri ed evitare che si arrivi all’avvio dei lavori. Bisogna continuare a denunciare l’inutilità di quest’opera che non renderà più vicine la Sicilia con la Calabria, così come non servirà a determinare nuove dinamiche di sviluppo del territorio, ma che di sicuro genererà un disastro ambientale senza precedenti ed uno sperpero di fondi pubblici che invece andrebbero destinati alla sanità, all’istruzione e al sistema dei servizi pubblici, così come alla salvaguardia e alla tutela del territorio.
Le ragioni del movimento No al Ponte devono essere parte di una piattaforma generale che accanto ai temi dell’antimilitarismo e contro la guerra, ai temi della lotta alla precarietà ed allo sfruttamento del lavoro, rivendichi la creazione di un grande piano del lavoro pubblico per la creazione di infrastrutture e progetti realmente utili e sostenibili per il territorio; affinché questa battaglia possa contribuire a determinare un quadro rivendicativo e di conflitto capace di spostare i rapporti di forza in questo paese, capace di mettere in discussione questo sistema economico che per autoriprodursi necessita di alimentare sempre maggiori dinamiche di sfruttamento ai danni del mondo del lavoro, delle classi popolari e dell’ambiente.

Lascia un commento