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Nella notte dello scontro interimperialistico e del governo reazionario
OLTRE LE CONVERGENZE PARALLELE COSTRUIRE UN’OPPOSIZIONE DI CLASSE.

La guerra in Ucraina prosegue travolgendo con le sue barbarie i confini di un conflitto limitato. In Russia e Ucraina si sviluppano politiche nazionaliste e autoritarie, dalla repressione di Putin alle leggi del lavoro di Zelensky. Siamo a un cambio di passo nello scontro tra poli, sospinto da una Grande Crisi che traccia blocchi contrapposti. L’invasione russa, l’aggressivo tentativo di un capitalismo militare e di rendita di mantenere un proprio ruolo internazionale, è sorretto dalla profondità del nuovo imperialismo cinese e si scontra con un blocco atlantico diviso, in cui competono diverse strategie (la proiezione euroasiatica della UE e l’allargamento NATO del containment USA). Così, oggi si corre sull’orlo del baratro: la Russia si mobilita, i gasdotti saltano, l’Ucraina è sempre più dipendente dalla NATO e Zelensky arriva a chiedere attacchi nucleari preventivi. Questa è la barbarie della Grande Crisi: non potrà esser fermata da ONU o diplomazie e rischia di segnare nei prossimi anni una lunga fase di attrito interimperialista.

In questo contesto, in Italia c’è un nuovo governo reazionario. Dieci anni di esecutivi instabili (tecnici, larghe intese e unità nazionali) si chiudono con una vittoria elettorale ed una maggioranza parlamentare che non è basata solo sulle divisioni del campo largo. Fratelli di Italia e Lega hanno costruito un blocco, impastato nel biennio del primo governo Conte e nella pandemia, significativo (anche se non maggioritario) e capace di penetrare nelle classi subalterne, anche in settori centrali e organizzati del lavoro. Un blocco quindi solido, in grado di costruire senso comune, anche se non egemone e frammentato. La diversa gestione capitalistica della crisi a cui allude (economia nazionalista competitiva, keynesismo militare e divisione comunitaria del lavoro) non ha ancora la capacità di imporsi, ma anche per questo è probabile che nei prossimi mesi la coalizione di governi si rilanci sul terreno identitario dell’attacco ai diritti civili e della revisione costituzionale (presidenzialismo e autonomia differenziata).

La moltitudine del lavoro è divisa e la resistenza stenta a svilupparsi. L’inflazione non è di breve durata, esacerbata dalla guerra ma originata dalla crisi e della sua gestione. I salari sono oggi indifesi, dopo la lunga concertazione, l’IPCA, la disarticolazione della durata dei contratti, l’aumento di componenti variabili e welfare aziendale. Lavoratori e lavoratrici sono travolti, mentre una struttura produttiva frammentata innesca cicli di lotta diversi (nelle rivendicazioni, nei tempi, nelle stesse identità). L’autunno è quindi segnato da convergenze parallele: la ripetizione di mobilitazioni parziali che si richiamano ma non si ricompongono. La CGIL, che avrebbe capacità e dovere di ritessere un’opposizione di massa, è congelata dalla ricerca del patto dei produttori e dall’assenza di pregiudiziali su Meloni, limitandosi a chiedere defiscalizzazioni degli stipendi o rateizzazioni delle bollette. Solo a partire da un pieno recupero del potere d’acquisto è possibile invertire la rotta: le mobilitazioni francesi e tedeschi contro l’economia di guerra e per adeguati aumenti salariali stanno a dimostrarlo. La grande manifestazione per la pace, che poteva ricomporre opposizione alla guerra e all’economia di guerra, vede invece l’assenza della questione sociale e un’evidentemente arretramento rispetto al 5 marzo (condanna dell’invasione, no alla NATO, sostegno a russi e ucraini che si opponevano alla guerra, no all’invio di armi), aprendo al rispetto della resistenza, tacendo sulla NATO e invio di armi, chiamando ad intervenire le diplomazie internazionali. Non a caso la CISL e i pacifisti con l’elmetto saranno in quella piazza.

Così non funziona: questo rischia di esser un autunno segnato dall’assenza di una reazione di massa al governo delle destre, resistenze divise, un’opposizione assurdamente marcata da Conte e i 5Stelle, confusione e sbandamenti.

UNA MOBILITAZIONE CONTRO L’ECONOMIA DI GUERRA

Per questo siamo il 22 ottobre a Bologna CON GKN e con i MOVIMENTI, come saremo nelle successive piazze e scioperi: per la necessità di ritessere le fila, mantenere ogni bolla di resistenza e comporle tra loro oltre le convergenze. Per sviluppare un movimento contro guerra, carovita, logica dei blocchi e mobilitazione nazionale, disfattista e antimilitarista. Ora, prima dell’abisso.

ControVento

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