I compagni di ControVento saranno presenti nella piazza del 21 Giugno a Roma partendo dal concentramento di Piazza San Paolo.

Qui di seguito il testo del volantino

VERSO L’ABISSO DI NAZIONALISMI E IMPERIALISMI CONTRAPPOSTI

L’invasione russa dell’Ucraina ha aperto una stagione di imperialismo di attrito. La crescita e la proiezione cinese, le divisioni e gli sbandamenti di un’Europa multipolare, il logoramento USA e il suo disastroso ritiro da Kabul hanno spinto il regime capitalista di Putin, basato su rendita energetica e quanto rimane dell’apparto militar-industriale sovietico, a giocare la carta militare per ribaltare il suo confinamento. La scarsità e la catastrofica gestione delle forze russe, le impreviste capacità politiche e militari del nazionalismo ucraino hanno trasformato quella guerra molteplice in una banco di prova tra i principali imperialismi (Usa e Cina, Russia e Ue): la frattura del continente euroasiatico, il retroterra cinese, il sostegno NATO hanno trasformato quell’invasione in un moderno conflitto che ha prodotto una sanguinosa guerra di trincea, con centinaia di migliaia di caduti da una parte e dall’altra. Queste barbarie hanno tessuto una nuova stagione di riarmo e nuovi blocchi imperialistici, dividendo classe operaia, pacifismo e avanguardie internazionaliste, mentre solo nel tempo sono cresciuti resistenze e diserzioni in Ucraina. Le dimensioni e l’impossibilità di un diretto intervento NATO stanno quindi dando alla Russia un progressivo vantaggio nella guerra.

Questa precipitazione è stata tessuta dalla grande crisi del 2006-2009, che attraverso la sovrapproduzione di merci e capitali ha spinto da una parte la competizione tra formazioni sociali, dall’altro la pressione per un’ulteriore contrazione del salario globale nella gerarchizzata divisione internazionale del lavoro. Nel decennio successivo la gestione liberista della crisi ha quindi da una parte sviluppato aree monetarie e commerciali contrapposte, innescato guerre commerciali e aperto competizioni tecnologiche, dall’altra stratificato il lavoro sul piano internazionale tanto quanto all’interno dei diversi continenti. La cosiddetta globalizzazione è stata quindi travolta dalla pandemia, preparando il terreno al cambio di passo del 2022

L’ipotesi di una guerra globale è entrata quindi nell’orizzonte degli eventi. In realtà non è una prospettiva immediata, frenata da connessioni economiche, rischio nucleare, impreparazione sociale, fluidità dei blocchi. Però la sua stessa possibilità guida oggi riarmo, politiche economiche e militarizzazioni che hanno rilanciato una nuova ondata reazionaria nel mondo. La divisione della classe lavoratrice favorisce il suo inquadramento temporaneo in logiche, dinamiche e movimenti nazionalisti. In questo clima vediamo piani per portare le spese militari al 5% del PIL, l’esercito nelle scuole, iniziative repressive nelle metropoli capitaliste, mentre la Cina sviluppa la sua preparazione militare e la proiezione imperialista, mentre guerre e milizie si diffondono nelle periferie (Sahel, Corno d’Africa e Congo, il cosiddetto Medioriente e Pakistan, in prospettiva il Pacifico).

Questo contesto ha creato l’occasione della sortita del 7 ottobre per Hamas, sperando di rompere così il confinamento su Gaza, in una dinamica politica e militare volta ad approfondire le fratture comunitarie (travolgendo decine di lavoratori e lavoratrici migranti, caduti o rapiti nell’attacco). Il governo reazionario di Netanyahu ha quindi usato l’occasione per radere al suolo Gaza, uccidere sessantamila palestinesi tra cui ventimila bambini, usare la fame come strumento di assedio in una logica di genocidio e pulizia etnica. Israele ha quindi allargato la guerra, invaso il Libano, disarticolato la dirigenza di Hezbollah, assistito alla caduta del regime siriano ed avviato oggi il bombardamenti indiscriminati in Iran, perseguendo l’annullamento dei suoi avversari.

Questo contesto ha messo in crisi un’Unione europea incompiuta e contradditoria, nella quale le destre reazionarie si sono sviluppate e trincerate nelle autonomie dei singoli stati e nella quale si affacciano nuove ipotesi di rilancio federalista (Draghi, Prodi ma anche Merz), un nazionalismo continentale sostenuto anche da forze progressiste (Piazza del popolo il 15 marzo). Per questo oggi è importante sostenere il movimento contro ogni nazionalismo e contro ogni imperialismo, in quella pluralità e anche diversità di impostazioni che è tipica di ogni dinamica di massa e di ogni fronte unico del lavoro: perché questo movimento pur composito è contro ogni politica europea di riarmo, contro il genocidio e per il disfattismo antimilitarista. Per questo siamo a Porta San Paolo, nonostante le differenze, respingendo ogni logica di inutile settarismo, autocentratura o primazia di organizzazione.

È TEMPO DI CONVERGENZA, RESISTENZA, DISFATTISMO E ANTIMILITARISMO

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